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Lussuria Matura - 05.Le conseguenze


di Eriaku
29.06.2025    |    2.834    |    0 9.8
"«E a proposito di fiamme, faresti l’amore con tuo marito?» Priscilla non esitò..."
Cap.5 "Le conseguenze"

Milano soffocava sotto un caldo estivo, ma l’appartamento era freddo e silenzioso. Marco era rimasto a Roma per lavoro e sarebbe rientrato quella sera. Priscilla, dopo il secondo interludio col giovane Antonelli, era invece risalita a casa. Seduta sul divano, il vestito bianco le aderiva alla pelle sudata mentre scorreva le pagine di un libro senza leggerle. Quando suonò il campanello, alzò lo sguardo: sullo schermo del citofono c’era Antonio, il socio di suo marito, alto, spalle ampie, lo sguardo da predatore. «Ciao, Priscilla. Posso salire?» La voce era calma.

Pur non sapendo cosa volesse l’uomo era un vecchio amico di famiglia, seppur con qualche anno in meno di loro. Alzatasi Priscilla gli aprì prima il portone e poi lo accolse all’ingresso. L’uomo la sorpassò entrando in casa, il telefono stretto in una mano, l’altra che reggeva una busta di documenti. «Marco mi ha chiesto di passare per lasciargli dei documenti» disse, buttando la cartelletta sul tavolo. «Così ho pensato di cogliere l’occasione di parlarti.»
Lei si irrigidì nel sentire il suo tono canzonatorio. «Riguardo cosa?»

Antonio fece un passo avanti, il dopobarba che le invase le narici, un sorriso sornione sul volto. «Ero alla festa degli Antonelli, l’altra sera. Cercavo il bagno e ho aperto la porta sbagliata.» Le mostrò lo schermo del telefono che lampeggiò: un video che mostrava lei, che cavalcava lasciva il bacino del giovane Luca. «All’inizio, pensavo fosse il caso di farlo sapere a Marco» proseguì, lo sguardo freddo. «Invece ho deciso di verificare prima di persona quanto sei zoccola. Ora hai due scelte: tuo marito lo viene a sapere subito, o mi fai fare un giro e vediamo se ti sai guadagnare il mio silenzio.»
Le mani di lui le strinsero braccia prima che potesse rispondere, costringendola con il viso contro il muro. Il vestito fu strappato con un solo gesto, i bottoni che saltarono come schegge. «Hai paura?» chiese Antonio, il cazzo duro che le premeva sul culo.
Priscilla non rispose. Il suo corpo parlò per lei: i capezzoli si indurirono, la fica si inumidì, e la gola le si seccò quando lui le strappò le mutandine. L’uomo si slacciò poi la patta e il cazzo saltò fuori, grosso e rosso, la cappella gonfia di voglia. «Vediamo quanto sei una vacca,» ringhiò, guidando la punta contro la fica.

La penetrazione iniziale fu secca e brutale.

Priscilla sussultò, il sesso che si aprì con un suono viscido. «Eri già pronta. Ti piace il cazzo di un uomo, vero?» ansimò lui, le dita che le strinsero i fianchi, il cazzo che scorreva facilmente nella fica. «Ben diverso da quello di uno sbarbatello ventenne.» Affondò il cazzo nella fica di Priscilla con una violenza che le strappò un gemito strozzato, le unghie che si conficcavano nella pelle. Il suo membro, spesso e lungo, si muoveva dentro di lei con spinte profonde, il glande gonfio che raspava contro le pareti interne della vagina.

«Guardati, troia. Sei zuppa per me, non per tuo marito» ringhiò l’uomo.

Lei non negò. Le ginocchia si piegarono, il culo che si mosse a ritmo con lui, spingendosi indietro per incollarlo al bacino. «Sì… ahhh…» mugolò, il viso premuto contro la parete. «Mi spacchi… ma non smettere…»
Priscilla sentiva il sesso dilatarsi, ogni colpo che le faceva scricchiolare i denti, il respiro corto per l’aria calda che le entrava a fatica nei polmoni. Quando lui le strinse la gola con una mano, tenendola inchiodata al muro, lei venne con una contrazione violenta, la fica che si serrava come una morsa attorno alla sua asta.

L’uomo continuò a martellarla così, all’impiedi contro il muro, per diversi minuti fino a strapparle un orgasmo. Le contrazioni della fica lo spinsero al limite e infilzandola fino alle palle le scaricò fiotti di sborra calda dentro. Antonio sorrise, lo sperma che gli schizzava fuori dal meato mentre Priscilla boccheggiava, le gambe tremanti che minacciavano di cedere.
Lei, mezza accasciata e tenuta in piedi solo dalle forti mani di lui, pensò che fosse finita lì ma l’uomo quasi come se le avesse letto nel pensiero la smentì immediatamente.

«Non penserai di cavartela con una sveltina! Marco non tornerà prima di sera e io ho proprio voglia di chiavarti nel vostro letto» le soffiò sul collo.

Così fece. La trascinò in camera da letto, liberando entrambi dei vestiti rimasti nel tragitto. Prima di gettarvela sopra, si concesso un lungo bacio, scopandole la bocca con la lingua. Le stringeva una natica con una mano mentre con l’altra ravanava la fica aperta. Priscilla si lasciava fare, gemendo e stringendolo per le spalle. Quando ne ebbe abbastanza Antonio la spinse sul materasso e le piantò il cazzo quasi di nuovo pronto in faccia. «Succhia, troia» ordinò.
Docile, la donna aprì le labbra e comincio un voluttuoso lavoro di bocca e lingua. «Brava cagna» sibilò, «Lavoramelo per bene!»

Giocava con i suoi seni mentre seguitava a darle ordini «Succhiami anche le palle, se vuoi che non racconti niente a Marco» le ordinò, spingendole il membro in gola un paio di volte per poi estrarlo ricoperti di saliva.
Antonio la prese per la nuca spingendole il viso verso la sacca dei testicoli. Priscilla obbedientemente ne prese in bocca prima uno e poi l’altro, ricoprendoli di saliva, il naso immerso nell’afrore maschio del socio di suo marito, mentre lui si segava.
«Ma che brava pompinara...Marco è proprio fortunato! Un’altra volta te la do tutta da bere, adesso è l’ora del secondo giro.» Forte di essersi venuto già una volta, nel letto, Antonio si prese il suo tempo. Le allargò le cosce con forza, leccandole l’interno delle ginocchia prima di infilarle due dita nella fica ancora bagnata di sperma. «Hai il sapore della mia sborra, ma ti pulisco io» disse, spingendo la lingua fino al clitoride, succhiandolo come se volesse strapparglielo. Priscilla inarcò la schiena, il sedere che si sollevava dal materasso mentre lui le mordeva un labbro della vagina, il dolore che si mescolava al piacere, senza smettere di succhiare l’uccello dell’uomo in un osceno sessantanove.

Quando la penetrò di nuovo, stavolta senza fretta, il cazzo scivolò dentro con un rumore umido, le palle che sbattevano contro il culo. «Ti piace essere scopata bene, vero?» le chiese, afferrandole i capelli e strattonandola verso di sé. «Rispondi, troia!»
«Sì… cazzo, sì!» gridò lei, il viso arrossato, gli occhi lucidi. «Fottimi bene… non smettere!» Via via che le spinte si fecero più forti, il letto scricchiolava a ogni colpo. «Dimmi che cazzo ti sto facendo» la schernì per poi morderle un seno.
«Mi stai chiavando come un troia...» gemette lei, le mani che artigliavano le lenzuola.

«Allora lo sai di esserlo... Chissà quanti ti hanno scopata qui, nel letto che dividi con tuo marito!»
«Solo tu...sei stato il solo...ahhh...ancora, ti prego!» la menzogna le era scivolata via, persa nel piacere.
Antonio, forse infoiato da quella frase, prese fotterla con ancora più forza, le anche che sbattevano con violenza.
La prese d’improvviso per la vita, capovolgendo la posizione: ora era Priscilla a cavalcarlo, il cazzo che spariva dentro la sua fica mentre le mani di Antonio le stringevano i seni, pizzicandone i capezzoli fino a farli diventare violacei. «Muoviti, vacca. Fai il tuo dovere» le ordinò, spingendole il bacino verso il basso e andandole in contro con spinte violente. Il letto gemeva, le sbarre di metallo che sbattevano contro la parete, ma Priscilla non si fermò, il sudore che le colava tra i seni, il respiro affannoso che si mescolava ai grugniti di lui. Quando Antonio le schiaffò una mano sul clitoride, strofinandolo con furia, l’orgasmo la travolse come un uragano. Lui la rovesciò sulla pancia, afferrandole le natiche per penetrarla da dietro. «Ecco come si scopano le cagne» disse, il cazzo che affondava fino a farle toccare con la fronte le lenzuola.

Quando fu sul punto di sborrare lo fece ancora una volta dentro di lei, piantato fino a fondere i loro inguini, e altra sborra caldo le inondò l’utero.

«Sei stata proprio brava Priscilla» le ansimò lui quando ebbe finito di svuotarsi, il cazzo che lentamente sgusciava fuori. «Tuo marito non saprà nulla da me, per ora. Non posso parlare per i tuoi vicini però, hai urlato con una puttana sguaiata mentre godevi.»

La donna non riuscì a rispondere in nessun modo. A gambe large, la fica aperta che ruscellava sperma, lo guardò distrattamente recarsi in bagno e poi uscirne per dirigersi in salotto. Il rumore della porta che si chiudeva le giunse ovattato, qualche minuto dopo.

Priscilla dopo un sonno ristoratore d’un paio d’ore si riprese. Il vestito fu sostituito, il letto rifatto, e i documenti furono sistemati in salotto. Quando Marco rientrò la sera, trovò la moglie che lo aspettava con un bicchiere di vino in mano. «Antonio è passato per lasciarmi dei fogli,» disse Priscilla, il tono neutro. «E siamo rimasti a parlare un po’ del resort a Ostia.»
Marco accettò il calice baciandola sulla guancia. «Spero non ti abbia annoiata troppo, sa essere veramente insistente»
«No,» mentì, il sesso ancora pulsante per il cazzo che l’aveva profanata due volte quello stesso pomeriggio. «Si è trattenuto poco, aveva da fare.»

Marco si avvicinò alla moglie «Avrà per le mani una nuova fiamma», le disse strusciandosi il cazzo che s’induriva su di lei. «E a proposito di fiamme, faresti l’amore con tuo marito?»
Priscilla non esitò. Si tolse il vestito con un solo gesto, i seni che gli andarono incontro. «Certo» disse, spingendolo verso la camera. «Mi sei mancato.»

La bocca di Marco le si chiuse su un capezzolo, le mani che le aprirono le cosce. Priscilla lo accolse, il cazzo che le entrò dentro con facilità. «Spingi…» ansimò, le gambe che gli si avvolsero attorno ai fianchi. «Voglio sentire ogni centimetro.»
Lui non si aspettava quel fuoco. Di solito Priscilla era fredda, un corpo che si lasciava scopare senza gemere. Ma quella sera non si trattenne. Spingeva i fianchi contro il bacino di Marco, le mani gli artigliarono la schiena, e quando lui le mordicchiò un labbro, Priscilla urlò, il piacere che le salì fino alla gola.

«Cazzo…» mugolò Marco, il ritmo che accelerava. «Sei così calda.»
«Per te,» mentì, i fianchi che oscillavano. «Solo per te.»
Quando Marco venne dentro di lei, la sborra calda le riempì la fica e Priscilla strinse i muscoli, trattenendo ogni goccia. «Sei stato bravo,» gli sussurrò, baciandolo con foga. «Mi hai fatto sentire che sei mio marito.»
Lui rise, il fiato ancora corto. «Forse Roma ti ha rimescolato il sangue.»
Lei non rispose. Si limitò a tenerlo stretto, mentre lo sperma di suo marito si mescolava a tutto quello che il suo socio le aveva lasciata dentro solo qualche ora prima.
Priscilla fissò il soffitto, il corpo che sapeva di due cazzi diversi—quello di Marco, caldo e familiare, e il cazzo di Antonio, crudele e devastante. Aprì il messaggio: «Ci vediamo venerdì in ufficio, Marco non ci sarà. Voglio il culo, stavolta.»
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